L'articolo DYLAN DOG “Orrore Nero” proviene da Identità di carta.
]]>L’Indagatore dell’Incubo affronta “Orrore Nero” in ogni declinazione, fronteggiando mostri reali e immaginari, uomini più diabolici del diavolo stesso e demoni in grado di amare. Ma la conclusione più amara è anche la più veritiera: spesso il mostro peggiore emerge proprio dalla natura umana.
La narrazione della principale storia è ambientata a Buffolòra, villaggio all’estrema periferia di Brescia. Tremila anime che se stai lì a contarle muoiono anche quelle. Ma si dice che sia gente buona – l’è tutta brava gente -, che perfino i contadini a cui rubi la terra un bicchiere di vino te lo offrono sempre anche se sei uno zombie. Tanto «…ci son tre cose al mondo, le donne e il vino nero; la terza in fondo è sempre il cimitero». Cenere alla terra. Terra alla terra. Amedeo, invece, è uno di quelli che per due pertiche (600 mq) di terra, ti ammazza alla buona con un colpo di pietra alla testa.
Don Aldo benedice tutti, anche più volte nello stesso mese, tanto poi tempo una settimana resuscitano. Ma ci pensa Francesco Dellamorte – custode del cimitero – che con un colpo di pistola li sotterra di nuovo, poi il suo assistente Gnaghi pulisce tutto intorno anche se sembra scemo. Gli zombie di Buffalòra. Anzi, per educazione conviene chiamarli “Ritornanti”. Ma meglio non parlarne troppo di questa epidemia che fa ammalare e morire, poi ridestare ravvivati.
A Buffalòra, Dellamorte ricorda ancora di quando consolò una vedova velata a un funerale di un marito morto fresco di giornata. L’ossario li accoglie e si baciano conturbanti con i volti coperti come nel dipinto surrealista a olio su tela del 1928 “Les Amants” del pittore belga René Magritte. Ne esistono due versioni, la prima è alla National Gallery of Australia, mentre la seconda si trova al MoMA di New York. Il volto coperto viene associato all’ossessione che il pittore aveva di coprire i volti anche nella vita reale, un panno bianco che impedisca di vedersi e comunicare, suscitando una certa inquietudine e angoscia. Un sudario muto. Lo commento lo stesso Magritte: «C’è un interesse in ciò che è nascosto e ciò che il visibile non ci mostra. Questo interesse può assumere le forme di un sentimento decisamente intenso, una sorta di conflitto, direi, tra visibile nascosto e visibile apparente». Gli amanti – dopo il bacio – presi dai sensi che parla di morte e di impossibilità di comunicare, fanno l’amore sopra la cripta del marito zombie di lei, che esce dalla tomba e la uccide a morsi.
Prima di deporla nella lastra fredda dell’ossario – lei nuda come la terra – nell’ultimo respiro oracolare, in odor d’incenso sussurra come in una poesia di Rimbaud: «… Non è niente… Amore, non è niente, non è niente. Niente». Dylan, nel dubbio che potrebbe rivederla nel mondo degli zombie, si prende tutto il tempo prima di spararle. Un amore può implicare che un giorno ci potrebbe essere altro dentro di esso.
Una tavola interna contenuta nel volume “Orrore Nero”, edito dalla Sergio Bonelli Editore, aprile 2023.
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]]>Testi: Tito Faraci
Copertina e Disegni:
Colori: Alessia Luca Manuela
Prefazioni/postfazioni Graziano Origa
La raccolta completa a colori delle storie dedicate dal maestro veneziano a Dylan Dog e Groucho. Tre storie realizzate che comprendono una lunga, divertente e inedita avventura incentrata sulla figura di Groucho.
Giorgio Cavazzano interpreta i personaggi creati da Tiziano Sclavi con il suo tratto ironico e con una libertà creativa che arricchisce di nuove sfumature umane e psicologiche le vicende dell’Indagatore dell’Incubo.
Contiene gli episodi “Manichini”, “Una scatola in polvere” e l’inedito “Stardust”.
Cartonato, 19 x 26 cm, pagine 144, a colori
PREFAZIONE DI GRAZIANO ORIGA
Giorgio Cavazzano nasce a Venezia, il 10 ottobre 1947; senz’altro il miglior disegnatore italiano di Topolino (dopo i maestri Romano Scarpa e Rodolfo Cimino): la sua prima storia la disegna sul n. 611, Paperino e il singhiozzo a martello – con polso fermo e leggero su testi di Abramo e Giampaolo Barosso, pubblicata il 13 agosto 1967. Autore di oltre 700 storie a fumetti, con oltre 50 anni di esperienze di matite con mina HB, e con quei sui pennelli fluidi Winsor & Newton mai intorpiditi nelle curve dall’alto verso il basso, in piena libertà di movimento, con ritmo razionale compositivo di forte tensione prospettica. Giorgio gioca a golf, il suo film preferito è Zoolander e abitualmente incatenato al libro Baudolino di Umberto Eco. Ha fondato, nel 1965 il gruppo musicale, I Randagi, in cui suonava la batteria. È sposato. Premio Yellow Kid al Salone Internazionale dei Comics (1992).
Di indole gentile, elegante, grande cuore ardito, risoluto, fermo e tenace e ostentato come Marco Polo, esordisce a 12 anni, frequentando lo studio del cugino Luciano Capitanio, disegnatore umoristico. Da dire che è del tutto casuale il suo incontro su un vaporetto con la fidanzata e futura moglie di un altro veneziano autodidatta, Romano Scarpa (1927-2005), che lo porterà nel sentiero di una fertile, fresca e sfiziosa collaborazione che durerà molti anni. La prima storia di questo sodalizio è Paperino e la gloria nazionale, disegnata da Scarpa e inchiostrata da Cavazzano – pubblicata nel 1962 sul n. 370 di Topolino – testimonianza d’esordio di una sfera felice, di una coppia messianica rigorosa e illuminata.
All’alba dei tempi, lo stile di Cavazzano è forse più influenzato dal tratto di Scarpa che non da quello dell’Uomo dei Paperi statunitense Carl Barks (1901-2000), che comunque rimane un punto di riferimento per l’artista veneziano sia per l’ampio respiro, frenesia e dinamicità nel segno largo e sgranato senza esigenza di gomma pane. Per il mondo dei topi, invece, lo stampo, la matrice rivelatrice è più il Paul Murry dei comic books, che non il Floyd Gottfredson dei giornali quotidiani americani. Con il trascorrere degli anni, inizia a nutrirsi osservando il largo respiro grafico degli artisti di fine anni Sessanta, inizio Settanta: anche Toppi e Battaglia, Giraud e Hermann, Milton Caniff e Alex Toth, maestri figurativi, realistici, avventurosi, noir e, anzi, veri intellettuali della letteratura disegnata. Tra tutti, però, il protocollo, per Giorgio è, e rimane, l’eclettico (e daltonico!) Albert Uderzo di “Asterix” (1959).
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]]>L'articolo KRISMA (2): CHRISTINA MOSER proviene da Identità di carta.
]]>È mancata a 70 anni Christina Moser, partner di Maurizio Arcieri, con lui un sodalizio umano-artistico durato oltre mezzo secolo.
Kris, strong girl trasgressiva, autrice dei testi dei Krisma, dolce ribelle ma senza piercing:
«Amore e successo sempre, figli mai. Meglio i miei due cavalli, Nadir e e Fritz. Meglio un gatto in Second Life, nome, Jungle».
Tra i miei amici più frequentati, in Svizzera, Milano, Lago Maggiore e New York.
Qui, conversazione del 1° febbraio 2008
GRAZIANO ORIGA: Dieci anni dopo il
vostro incontro, il duo Chrisma – finally – nasce.
KRISTINA MOSER: Sì, i Chrisma nascono nel 1976. Dalla contrazione del mio nome (CHRIS) e quello di Maurizio (MA). Poi abbiamo cambiato in Krisma. Quell’anno abbiamo inciso a Londra, la nostra prima canzone insieme, Amore, con l’aiuto di Nico Papathanassiou e suo fratello Vangelis.
GRAZIANO: Beh, nei due anni seguenti, ricordo che con Vangelis ci fu un vero e proprio periodo di collaborazione. E intanto arriva il punk in London, con Sex Pistols and company… E Maurizio Arcieri si tranciò un dito con un rasoio.
KRISTINA: Ah, sì, quello che viene ricordato come il ‘Finger-job’. Mentre io cantavo Chinese Restaurant. Così abbiamo tagliato anche il tour.
GRAZIANO: Noi – io e il Joe con voi – ci siamo conosciuti nel 1979…
KRISTINA: Sì, quando nasce la tua rivista Punk Artist e sembravi ricco perché c’era dentro la pubblicità di Albini e Armani e Moschino e Coveri. Era uscito il primo numero da Fiorucci e siamo venuti in quel tuo scantinato vicino a piazzale Loreto, dove i tuoi boys ci hanno fatto un sacco di foto. E siamo diventati amici, come lo siamo di poche altri, come Paolo Giaccio e Roberto D’Agostino, compagni di strada da lunga data. E MarXel, wonder webmaster.
GRAZIANO: Poi siete tornati a Londra per viverci…
KRISTINA: E fare il nostro secondo album, Hibernation. Ti ricordo che, in quell’LP, c’è il pezzo Aurora B. Uno scandalo. Nel video io e Maurizio abbiamo simulato (o era vero?) rapporti sessuali sotto l’underground di Piccadilly ma pure simulato il suicidio (e quello era veramente simulato!).
GRAZIANO: La musica è quasi sempre di Maurizio e le parole tue…
KRISTINA: Ho scritto quasi tutti i testi degli album, fin dall’inizio e, quando c’era collaborazione, non passava neppure un ‘lemma’ senza il mio ok. Beh, lo sai Graz che non so cantare cose che non mi ‘vestono’. La musica esce dall’Altrove, e le parole anche. Nell’album Clandestine Anticipation scrivo tutto, da Miami ad Opposite, nel pezzo Water dico che nella moschea del tempo, per aprire le porte devi prima trovare le pareti. Poi il mio Melonarpo, il ‘cugino sfigato’ di Marcopolo e Nothing To Do With the Dog – dove i pappagalli imparano ad abbaiare – fino agli ultimi che ho scritto anche in italiano: Quando ti bacio sulla punta del naso… Fritz cavallo ohohoh
GRAZIANO: …E poi le canti…
KRISTINA: Le canto, e quando lo faccio, non manipolo la voce, tenendola il più possibile naturale. Poi la ricampiono per togliere umanità, affinchè ci sia sintonia con gli amati tasti e cursori delle sale d’incisioni.
GRAZIANO: Perchè fai musica?
KRISTINA: Perché quella degli altri non mi piace.
GRAZIANO: E allora, come risultano i concert, oggi che non siamo più teenagers…
KRISTINA: Risultano, still, onesti e pieni di educazione. Risultiamo come dei veterani che rifiutano l’idea di invecchiamento, anche a rischio di sembrare grotteschi. Il nostro è uno show minimal, tanto che bastano a sorreggerlo un super Mac e due microfoni.
GRAZIANO: Quando si è trattato di aprire alcuni recenti show dei Subsonica, non vi siete tirati indietro.
KRISTINA: Siamo ‘i nonni della techno’ e questo risulta. Insomma, non mi sento imbarazzata, è un vocabolo che non frequento. Fortunatissimamente non ho mai voluto ne avuto figli, di conseguenza non conosco nipoti. Tutti senza età. Faccio solo cose che mi piacciono, che invento, e che so ‘necessarie e sufficienti’. E soprattutto, qualunque cosa venga DOPO.
GRAZIANO: Potresti essere definita ‘star estrema’, kris?…
KRISTINA: Io sono una star, per cui potrei essere – estremamente – l’ultima. Non penso d’esser trasgressiva, né nei vestiti, né nell’attitudine.
GRAZIANO: …Tatuaggi, piercing, lifting…
KRISTINA: Non ho neanche i buchi nelle orecchie, non porto pellicce o gioielli, non so, niente piercing. Sono un poeta, il resto è oggettistica.
GRAZIANO: Droghe?
KRISTINA: Massimo la canna in Svizzera. Legale!
GRAZIANO: Uno slogan…
KRISTINA: Viva gli animali. E ci sono dentro anch’io.
GRAZIANO: Quando produco troppa carta – testi, disegni, layout – succede che mi posso annoiare…
KRISTINA: Come dire, When I’m bored I go to live in second life, waiting for the third one.
GRAZIANO: Il web talvolta è una benedizione. E la Krisma Tv?
KRISTINA: È una televisione creata e realizzata da due persone: immagini oniriche e suoni, nessuna narrazione. Prendo immagini e poi le monto, mentre Maurizio le sonorizza. Bricolage elettronico, come hanno titolato su Liberation ed El Pais.
GRAZIANO: Ah sì, il vostro Ufficio Sat, a 36000 kilometri dalla terra.
UP IMAGE CREDITS:
Christina Moser (photo by Joe Zattere)
Chistina and horses Fritz & Nadir (photos by Joe Zattere)
Krisma + Joe + Graziano (photos by Angel)
Kristina portrait (pen&ink+ecoline, by Origa, Be Bop A Lula , 1991)
All images Graziano Origa Foundation
Enyoy more at:
Here download concert:
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]]>L'articolo DYLAN DOG: INFERNI proviene da Identità di carta.
]]>Si tratta di una delle primissime storie di Dylan, il n. 6, datato 1987 (35 anni fa), con una copertina di Claudio Villa che ritrae un diavolo di spalle, il cui design potrebbe essere ispirato al film fantasy “Legend” (1985) di Ridley Scott, con la performance di Tim Curry nei panni di Darkness, un diavolo umano pieno di grazia che passa dal seducente al furioso, a manipolatore. Una storia cinica e fredda come un orologio. Larry Varedo oramai è l’ombra di se stesso, una rovina, un relitto che ha perso tutto, che un tempo buttava via gli Havana, non le sigarette. E pensare che da giovane era il miglior assassino di tutta l’Inghilterra. Resta il fatto che un giorno si ritrovò in un vicolo cieco: non gli rimaneva che firmare col proprio sangue un patto col diavolo. Sclavi, per i disegni, coinvolge l’argentino Gustavo Trigo (1940-1999), fumettista che debutta nel 1958 con la Editorial Columba e che anni successivi collaborerà con lo sceneggiatore iconico Héctor Oesterheld.
GRAZIANO ORIGA: Tiziano, da ragazzino usavi la macchina da scrivere o facevi a mano su un quaderno nero?… Gianni Rodari, in proposito, diceva «I quaderni hanno questo di speciale, sulla prima pagina ci si scrive benissimo, senza errori, lettera per lettera, accento per accento, senza dimenticare gli apostrofi; sulla seconda pagina ci si scrive già un po’ meno bene; sulla terza, un po’ peggio; dalla quarta in giù, per china precipitosa che porta all’ultima pagina, sempre peggio, ‘più peggio’, se la grammatica lo permettesse»…
TIZIANO SCLAVI: Ho cominciato a scrivere a macchina molto presto, andavo ancora a scuola. Eraun’enorme Olivetti Lexikon 80, dismessa dall’ufficio di mio padre. Ovviamente all’inizio ero lentissimo, tutto il tempo andava via a cercare i tasti. Poi sono diventato sempre più veloce, velocissimo, battendo sempre con due dita, i medi. E ho seguito la tecnologia, dalla macchina da scrivere elettrica al computer, con cui ho cominciato a scrivere nel 1984. Però, parallelamente, qualche volta scrivevo a mano. Ho scrittoa mano i romanzi “Apocalisse” e “Le Etichette delle camicie”, e anche parecchie storie di Dylan. Era abbastanza bello. La rottura era poi ricopiare tutto a macchina, ma questo mi dava modo di rileggere attentamente ed eventualmente correggere.
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]]>Copertina di Cestaro © Bonelli
BUONGIORNO TENEBRA
Testi: Barbara Baraldi e Andrea Cavaletto
Disegni: Nicola Mari
Quale oscuro segreto cela la tetra villa dei Nicholson? Quali drammatici eventi hanno funestato le vite dei suoi abitanti in passato? Dylan, risucchiato dalla casa come fosse una bolla temporale, deve riuscire a districarsi dalle mortali spire di una femme fatale d’altri tempi.
FRANCO BUSATTA – Apriamo svelando che la soluzione dell’anagram-
ma di copertina “Brillante, Dylan Dog! – U. Eco” (dovuto nientemeno
che a Stefano Bartezzaghi) è “Indagatore dell’Incubo” (y = i). A tal
proposito, senti cosa scrivevi sul creatore di Dylan, Graziano, nell’in-
troduzione del volume “Tiziano Sclavi – Una carriera in Horror” pub-
blicato nel 1994 da Tornado Press: “La sua passione per l’enigmistica,
dove non si sfugge all’incubo delle caselle, è nota in tutto l’Occidente;
un rebus o un loculo fabbricano la stessa paura”.
GRAZIANO ORIGA – Sì, Franco, Tiziano argentato ha iniziato pro-
prio così, come dire, dalle parole crociate della “Settimana Enigmi-
stica” (1932) a “Sepolto vivo” di Roger Corman (1962) fino a Dylan
(2022): il 2 finale è l’esito della trama.
FB – Ah, siamo già nel 2022? Come passa il tempo quando ce la si
spassa, no, Nicola? Bentornato, rieccoti in coppia con Barbara Ba-
raldi.
NICOLA MARI – Barbara e io veniamo da quella che un grande Giovan-
ni Lindo Ferretti definì “Emilia paranoica”.
BARBARA BARALDI – Abbiamo sensibilità artistiche ed emotive affini.
Lavorare con Nicola è come partecipare alla trasformazione alchem-
ica di parole in emozioni allo stato puro.
FB – Graziano, facciamo che siamo ancora negli anni Ottanta e che
stai preparando – dopo il n. 17 – un nuovo numero della tua rivista cult
“Punk Artist”. Devi assolutamente dedicare la copertina alla super
glamour BB, Barbara Baraldi, in coppia con Nicola che, in quanto a
chic, non è secondo a nessuno.
GO – “Punk Artist” n. 18, cover retinata letraset, ok, aggiudicata a
Barbara e alla “Stagione dei ragni”, certo, in coppia con Sir Mari,
occhi persi nel buio tagliente, entrambi nella casa bianca, con sfondo
ridotto all’osso, forse anche annullato.
NM – Molta musica, fumetti e altre espressioni che su di me esercita-
vano una particolare fascinazione, erano connessi e determinati dalla
personalità di Graziano, prima ancora che ci incontrassimo di perso-
na. lui è parte della mia educazione sentimentale.
GO – Ci consideriamo fratelli di desiderio. Nicola è per me un altro
mio uomo caduto sulla Terra, sospinto dal tenebroso vento di ghiaccio
e dal fuoco nero. Lui è tribale, balla il fado, non ti taglia mai fuori,
ma dentro, con il bisturi dell’emozione. Un terapeuta del disegno. Un
Monte.
FB – “Hello darkness my old friend”: “Il laureato” fa da struttura por-
tante di “Buongiorno tenebra”.
BB – È un film perfetto, sul significato di desiderio come forza propul-
siva dell’essere umano.
FB – Al centro di entrambe le storie di questo Oldboy ci sono distur-
banti relazioni famigliari…
BB – Le persone più vicine a noi sono quelle che possono farci più
bene… o più male. Ci possono elevare o farci precipitare nell’abisso.
È un inesauribile campo di indagine.
FB – Insomma, parenti-serpenti?
Tavola di Nicola Mari © Bonelli
nicola mari & graziano origa (foto joe zattere)
GLI ORRORI DI DUNWICH
Testi: Andrea Cavaletto Disegni: Roberto Rinaldi
L’Old Boy viene ingaggiato per indagare nel paesino di Dunwich, nel Suffolk dove avrà a che fare con tre donne agli antipodi tra loro, una serie di rapporti famigliari disfunzionalissimi e una terribile vicenda in cui amore e orrore vanno di pari passo.
FRANCO BUSATTA – Ne “Gli orrori di Dunwich”, ci ho visto l’Almodòvar de
“La pelle che abito”, proveniente dal romanzo “Tarantola” di Thierry Jonquet.
ANDREA CAVALLETTO – Sì, ho amato entrambi. La pelle, così elastica
eppure così resistente, un involucro che separa (protegge?) l’interno del
nostro corpo dall’esterno, come uno scudo. La pelle, che divide due mondi.
Come la superficie del mare, altro elemento fondamentale di una storia
che viaggia sempre su due piani diversi, indagando principalmente sul
binomio maschile/femminile. Ecco, ho voluto provare a immaginare cosa
succede quando tutto si lacera: la carne, la psiche, l’anima, la famiglia.
FB – Lovecraft che c’entra?
AC –“Gli orrori di Dunwich” vuole essere un horror lovecraftiano moderno,
con influenze di Ramsey Campbell e di Thomas Ligotti, per guardare con
voyeurismo weird dentro ciascuno di noi e dentro il nostro Dylan, in un
funambolico (dis)equilibrio tra colpe di padri e figli.
FB – Quest’albo è un tripudio di letali femme fatale, Graziano. Sembra
che la mamma delle femme fatale sia sempre incinta.
GRAZIANO ORIGA – Mannaggia, più son maliose, seducenti e impenitenti,
più uccidono. Ma, Franco caro, non si potrebbe avere il numero di telefono
della mamma semper gravida?
FB – “Never Trust a Pretty Face”, per dirla con Amanda Lear. Andrea,
splatter sfrenato, qui…
AC – Sì, ma non gratuito. Roberto ha saputo interpretare appieno il mood
cupo, depressivo e oscuro della storia, che mi è stato suggerito dal brano
“Dunwich Beach, Autumn, 1960” di Brian Eno. L’ho fatto ascoltare anche
a lui, uno dei miei disegnatori preferiti della serie.
ROBERTO RINALDI – Mi sono buttato dentro un “mare” di sensazioni che
hanno suggerito un dettaglio dietro l’altro… e così ho finito per viverci
dentro anch’io. Il mare, la cupezza e la desolazione del paesaggio di
Dunwich, sono stati uno scenario perfetto per scivolare nel misterioso
maniero degli Hamilton e nella casa di Mary, come se esistessero davvero.
FB – Cos’è stato più complesso da disegnare?
RR – La difficoltà più grande è stata quella forse meno apparente per chi
legge e cioè quella di disegnare in alcune tavole un singolo personaggio,
visto frontalmente sempre uguale, che parla per nove vignette, cercando
di farlo recitare con espressioni sempre diverse.
FB – Finiranno quegli anni Ottanta a cui fanno sostanzialmente riferimento
le storie dell’Oldboy, Graziano? Non è che resteremo imprigionati in
questo decennio, continuando ad ascoltare “Psycho Killer” dei Talking
Heads e “O Superman” di Laurie Anderson in eterno?
GO – No, non finiranno, né i ’70, né gli ‘80. Siamo incatenati per sempre.
Perfino, pensa, a “Tarzan Boy” dei Baltimora! Siamo incatenati a Billy Idol,
Depeche Mode, Spandau Ballet. La via d’uscita è una porta che conduce
verso il tormento, verso Amanda Lear.
FB – A proposito di Amanda, non sarebbe stata perfetta per impersonare il
personaggio di Paula Hamilton nelle pagine che seguono, Andrea? Strano
che lei non abbia mai lavorato con Almodòvar, tra l’altro… Ce l’avrei
vista… Come il Miguel Bosè travestito che canta Mina in “Tacchi a spillo”.
AC – Cavolo! Ad averci pensato, Amanda sarebbe stata una reference
formidabile! Bosè “en travesti” che imita Mina? Stracult!!!
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]]>L'articolo MASHUP ROCK’N’COMICS proviene da Identità di carta.
]]>Nuovo libro firmato Little Nemo Art Gallery e che porterà in dote i “Rock’n’Comics” firmati dall’artista sanremese Larry Camarda. L’edizione a cura di Sergio Pignatone vedrà protagoniste le star della musica nel loro ‘incontro’ con i mitici supereroi americani.
LARRY CAMARDA
Mashup Rock’n’Comics
prefazione di graziano origa
Larry Camarda, cavallo di razza che corre, anzi galoppa e scavalca, since dal 1965, quando nasce a Sanremo il 9 marzo con lo zoccolo duro. Oggi – superati i 50 senza sospetti – è riconosciuto e quotato e valutato uno dei geni del colore, per le sue oramai conclamate eleganti covers, talvolta di sapore vintage, pop and soul, certamente celebrative col cuore in mano, profondamente personali pur essendo multipli. Un uomo rock in guerra contro il banale, di quinta e dietro le quinte, ironico di qualità. Come il suo adorato Magnus, Lo Sconosciuto noto ricercato dalla polizia e dai collezionisti con occhio lungo, wanted.
Le opere di Camarda hanno generato un ampio interesse sui loro meriti come arte. Lo stesso Larry ha ammesso: «Sto copiando nominalmente, ma sto davvero riaffermando la cosa copiata in altri termini. In questo modo, l’originale acquisisce una consistenza completamente diversa. Non sono pennellate spesse o sottili, sono punti e colori piatti e inflessibili linee».
Bill Griffith (classe 1944), fumettista americano conosciuto per il suo surreale “Zippy”,
una volta disse: «C’è arte alta e c’è arte bassa. E poi c’è arte alta che può prendere arte bassa, portarla in un contesto artistico alto, appropriato ed elevarlo in qualcos’altro».
Questa volta, Larry, presenta 40 opere, dedicate alle icone del rock’n’roll – morti e viventi da sempre e per sempre – a cui incatena e fonde i miti dei comics mascherati di ferro e velluto coi quali è cresciuto. Tutte le sue opere sono realizzate a mano su cartoncino 640 grammi formato 42×56 cm. I Dipinti cartacei editoriali di Larry, posson apparire o essere fraintesi come ispirazione alla psichedelia.
Copertine di vinile in cui “The Spider-Man” di spalle guarda 9 big stars, di certo decedute per violento o spietato destino: appeso alla sua ragnatela è allo stesso tempo cosciente dello loro morte ma non rassegnato nel suo pensiero di poter ancora fare qualcosa, addirittura salvarle al volo in un tentativo fantastico. E John Lennon (1940-1980), Jim Morrison (1943-1971), Elvis Presley (1935-1977) sembrano attendere una sua soluzione o risoluzione o resurrezione. E non solo: in un altro mashup “L’Uomo Ragno” tenterà davvero di salvare John Lennon nel mirino dell’incallito killer “The Punisher”. Anche una straziante copertina emotional di “Detective Comics” ci mostra in lacrime un disperato giovane e bello schizzato Robin con in mano una copia del “Gotham City Press” con prima pagina titolata Lennon Killed: il ragazzo giura che prenderà il fuori di melone che lo ha sparato alle 10:50, la maledetta sera dell’8 dicembre 1980. John e Yōko sono anche contro la guerra in Vietnam in “Plastic Ono Band” in un Marvel Classic.
“The Mighty Thor” ha una visione celestiale martellata.
Il chitarrista Jimi Hendrix (1942-1970) vive ancora – santificato nel Segno del Profondo come Martin Luther King nel 1° numero dell’esoterica afroamericana testata “Voodoo Child” in uscita questo mese nella collana “Strange Tales”.
Ritroviamo insieme i maestri dell’arte mistica “Dr. Strange” e Jim Morrison, e anche i 5 immortali roll band con testata “The Rolling Stones”. Ovvio.
Bruce Springsteen fa impazzire – col suo magnetico rock duro fatale – sia “Capitan America” che “The Falcon”.
“Superman”, con mamma e babbo Kent, guardano Elvis the Pelvis nella tv in bianco e nero negli anni Quaranta, nella loro fattoria nella contea di Hamilton (Indiana). E al Re Elvis è dedicata una testata tutta sua – e non certo a Celentano, Little Tony, Bobby Solo, Johnny Hallyday e Billy Fury – titolata “The Incredibile Elvis”, dove gli strilli urlano “L’uomo più strano di tutti i tempi: è un uomo o un mostro?”: si allude al suo superpotere di poter passare dai 60 chili ai 280 sbattendo un sol colpo di ciglio.
Durante una seduta spiritica a cui partecipano anche “Nembo Kid”, “Batman” e altri supereroi in Mashup, compaiono in ectoplasma i Pink Floyd: cover di “Justice League America”.
Il monumento “The Spirit” di Will Eisner è in coppia con i 4 ragazzi inglesi della band inglese The Who (Roger Daltrey, John Entwistle, Keith Moon e Pete Townshend) dei quali Camarda ascolta ogni mattino il loro pezzo più celebre “The Kids Are Alright” (1979).
Il criminale del brivido “Diabolik” – quando era a sole 150 lire – scintilla col suo terribile sguardo assassino nella tipica postura delle braccia conserte, imitato qui dai 4 Beatles, scarafaggi mediatici che ritroviamo anche in 2 copertine del fantascientifico e ufologico marveliano “The Fabulous Four”. David Bowie (1947-2016) sostituisce DK nella copertina del n. 1 “Il Re del Terrore”.
Prince (1958-2016) si espande esoterico in un Back in Town nel cielo stellato di Gotham; così come Lou Reed insieme a “Daredevil” che gli spiana il marciapiede selvaggio di hell’s kitchen nel n. 3 di “Rock and Comics” a sole 200 lire.
“The Amazing Spider-Man” lotta a Londra con gli Special Guests “The Clash”, gruppo inglese punk attivo dal 1976 al 1986, che fa il paio col bassista Sid Vicious che minaccioso e nondimeno vestito con giacca domenicale ha tutta l’intenzione si sparare 2 pallottole tra le costole di Spider.
Freddie Mercury e i Queen fanno paura anche ai “Fantastic Four”.
Una delle opere di Camarda più azzeccate, rimane in questa quarantina di copertine, quella delicata e dedicata a Ziggy Stardust: “B For Bowie”.
La testata “Beatmen” glorifica Lennon in tandem con Paul McCartney.
Lo scenario si apre o si chiude con “Strange Tales of the Ramones” diventa comico book tutto zombie.
Buona visione.
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]]>L'articolo DAVIDE TOFFOLO: COME RUBARE MAGNUS proviene da Identità di carta.
]]>Davide Toffolo: “Come Rubare Magnus”
(Oblomov Edizioni)
La fantastica biografia di uno dei più amati autori del fumetto.
L’avventura dell’editoria popolare negli anni del boom e l’amicizia con Bonvi. Un imperdibile omaggio dal 3 dicembre in libreria.
140 pagine, confezione in brossura, a colori, euro 19,00.
Durante una mostra antologica su Magnus viene rubata una tavola originale. Questo è il romanzesco inizio del nuovo graphic novel di Davide Toffolo, Come rubare un Magnus. Davide stesso, un fisioterapista cieco e una professoressa di Storia dell’arte si mettono alla ricerca del ladro, e ripercorrono la vicenda artistica e umana di Magnus, il disegnatore più popolare del fumetto italiano degli anni ‘60 e ‘70 con personaggi come Kriminal, Satanik e Alan Ford, che divenne poi autore completo nel 1975 con Lo Sconosciuto.
Una vicenda umana e professionale, quella di Magnus, che è di per sé un’avventura. Un autore dedito totalmente ai personaggi che verranno, da Milady nel 3000 ai Racconti erotici, alle Femmine incantate, Necron fino alla sfida con il più grande eroe del fumetto italiano, Tex Willer.
Davide Toffolo in Come rubare un Magnus ricostruisce la biografia di Magnus, l’amicizia con Bonvi – creatore delle popolarissime Sturmtruppen – e la parabola del fumetto italiano dagli anni ‘60 a oggi, attraverso le personalità che hanno lavorato con lui – editori (Max Bunker, Renzo Barbieri, Luigi Bernardi, Sergio Bonelli) e autori. Una vicenda che si intreccia a doppio filo nella giocosa permanenza nella magica Castel del Rio, e nel tragico, epico finale, qui esplicitamente raccontato.
Toffolo disegna Magnus con la grazia e l’emozione che già aveva mostrato in Carnera e Pasolini, mettendo a fuoco ciò che ha rappresentato nella cultura popolare italiana. Lo fa da Erede, riconoscendo il debito verso il maestro: «il suo segno è nel mio lavoro, come in quello di molti altri della mia generazione e di quella precedente, come Andrea Pazienza, per esempio».
Davide Toffolo è nato a Pordenone nel gennaio del 1965. A Bologna ha frequentato la scuola di fumetto di Andrea Pazienza e Lorenzo Mattotti. Vero innovatore nel campo del fumetto e tra i maggiori autori italiani di graphic novel, tra i più originali e amati in Italia. Ha all’attivo numerose opere tra le quali – solo per citarne alcune – “Pasolini”, “Il Re Bianco”, “L’inverno d’Italia” e “Très! Fumetti per il teatro”, “Graphic novel is dead” e il road book musicale “Il cammino della Cumbia” (Oblomov 2018). Motore di esperienze importanti come il gruppo Mondo Naif e le riviste “Dinamite” e “Fandango”, è molto amato anche per la sua seconda identità, quella di cantante del gruppo art-rock Tre Allegri Ragazzi Morti.
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]]>Ogni tanto ci incontravamo al bar del Grand Hotel di Roma o nella loro casa di Fregene, e parlavamo sempre di esoterismo e magia.
Ero molto amica anche di Giulietta Masina».
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