IL MONDO ERA BELLO QUANDO C’ERA CARMELO BENE

bene-by-origa

“Carmelo Bene”, art by Origa, original pen&ink, 15×15, 2008, 60×60 su tela. Disponibili ancor 3 pezzi. origa.foundation@gmail.com

 

Carmelo Bene, attore, scrittore e regista intelligente, impetuoso e imprevedibile, in assoluto l’unico e autentico genio del teatro del Novecento, è nato l’1 settembre 1937 a Campi Salentina (Lecce). I suoi genitori, Umberto e Amelia Secolo, gestiscono una fabbrica di tabacco. Da bambino è timido e introverso. Sua madre è molto cattolica, così viene obbligato a fare il chierichetto e a servire anche quattro messe al giorno. Proprio da questa esperienza nascerà la sua abituale allergia a qualsiasi tipo di rituale religioso.

di punto in bianco, a vent’anni si trasferisce  a Roma per dedicarsi al teatro. Prima si iscrive all’Accademia Sharoff e poi alla Silvio D’Amico. Per dirla tonda, abbandonerà entrambe dopo un anno di «non frequenza» perché: «Il metodo per risvegliare i sentimenti era l’Accademia Sharoff, quello per addormentarli la Silvio D’Amico».

In questo periodo, Bene coniuga – in un modo e nell’altro -eccezionale genio e insensata sregolatezza: oltre a litigare e combattere coi professori, beve, fuma e, per eventi avversi, trascorre perlomeno 300 notti nei commissariati: «Bastava farsi un giretto in giro con la barba non rasa di un giorno, per essere fermato, o addirittura arrestato».

Da dire, che Carmelo debutta a 22 anni come protagonista del “Caligola” di Albert Camus, per regia di Alberto Ruggiero. Subito dopo diventa – nel bene e nel male – l’unico regista di sé. La sua travolgente e insolita reinterpretazione dei classici scatena un finimondo, eccome, in quanto reinventa il linguaggio teatrale scagliandosi in maniera audace contro il teatro di testo a favore di quello che definisce – con parole efficaci -: «un teatro del dire e non del detto», in quanto «il teatro del già detto non dice niente di nuovo, è solo un citare a memoria parole scritte altrove».

Mentre i critici lo fanno a fettine, l’intellighenzia dell’epoca (Moravia, Pasolini e Flaiano in testa) lo venera e lo difende a spada tratta. Lui risponde con una serie di critiche alla critica e scrivendo “L’Occhio mancante” (Feltrinelli, 1972).

Nel 1965, la Sugar aveva pubblicato il suo romanzo “Nostra Signora dei Turchi”, che l’anno dopo metterà in scena lui stesso al teatro Beat ‘62. Nel 1968, la vincentissima storia diventa anche un film, che scrive, dirige e interpreta. Premio speciale della giuria al Festival di Venezia, amato e odiato in egual misura da pubblico, critica e intellettuali, divide ancora di più l’Italia al tempo della contestazione, e fa scoppiare tumulti in alcune sale: tutto lardo che cola ed evidentemente accresce la sua fama di artista maledetto, l’enfant terrible del teatro italiano. Lui non perde le staffe e afferma senza modestia: «Questo mio film… è un capolavoro». Tuttavia, polemizza con i giornalisti: «Con la stampa italiana in genere non intendo parlare. Ma sono pronto a qualunque colloquio con la stampa estera».

Anche se ha girato due documentari con Paolo Brunatto, Bene si innamora del cinema in punta di piedi, grazie al suo grande amico Pier Paolo Pasolini, che gli affida una parte in “Edipo Re” (1967). Nel frattempo conosce anche Salvator Dalì, che influenzerà per sempre le sue future scelte artistiche. Bene chiude col cinema nel 1973 e ritorna al teatro, continuando a suscitare polemiche ma conquistando il pubblico e parte della critica. La situazione si è ribaltata e, superato lo scoglio della tecnologia, il suo genio trova terreno fertile anche in radio e in televisione.

Dopo una carriera unica, maestosa e leggendaria, comunque costellata da personali successi, intense polemiche e focosi litigi, l’empirico Carmelo si spegne a Roma il 16 marzo 2002. Ma le acque intorno a lui non si placano. Anche se viene cremato e il funerale si svolge in forma privata, alla veglia funebre per un pelo non scoppia una rissa, e i parenti si scontreranno anche per la tumulazione delle ceneri nel cimitero di Otranto. Infine, nel 2009 la sorella Maria Luisa dichiara che, per lei, suo fratello «È morto per mano altrui».

Epitaffio: «Non siete voi che mi cacciate. Sono io che vi condanno a rimanere».

“Caligola” (1959), opera teatrale di Albert Camus, diretta e interpretata dall’esordiente Carmelo Bene, con regia di Alberto Ruggiero, andata in scena al Teatro delle Arti di Roma.

Bene avvicina Camus con una sfrontatezza e una delicatezza ineguagliabili. Camus sono anni che nega a chiunque i diritti di rappresentare la sua opera, ma questo ragazzino è diverso da tutti gli altri. Camus domanda: «Un momento, ma chi dovrebbe fare la parte di Caligola?». «Io, maestro, se le basta», dice Carmelo. «Ah, bon bon, basta e avanza», risponde Camus.

Esordio clamoroso, un vero trionfo, pubblico in delirio, ma già da questo primo successo la critica si spacca in due, tra fautori e detrattori. In platea, molte personalità, tra cui Rossellini e Pannunzio. Della seconda edizione del Caligola, Giannino Galloni scrive: «...ecco un attore, lo diciamo in tutte le lettere, nuovo, pieno di idee e di mezzi tecnici fino allo spreco. Che il cielo lo protegga». Caligola

 

 

“Salomè” (1964), spettacolo teatrale (riedito nel 1972 sia in versione scenica che filmica) diretto e interpretato[ da Carmelo Bene, rielaborato dall’omonima opera di Oscar Wilde. Carmelo nel ruolo di Tetrarca, Franco Citti in quelli di Giovanni Battista e Rosabianca Scerrino in quelli di Salomé. Salomè

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Nostra Signora dei Turchi” (1968), lungometraggio drammatico diretto e interpretato da Carmelo Bene. Seguendo un collegamento ambivalente e poi profetico della vicenda della strage degli 800 martiri a Otranto ad opera dei Turchi, l’artista (nei panni di un uomo pugliese), ripercorre un proprio cammino interiore. La sua filosofia che spiegherà in un monologo fuori campo – come del resto fa in tutto il film – consiste nel manifestare il proprio essere interiore distrutto e deturpato da forze esterne. Tramite la mediocrità più assoluta e il rifiuto anticonformista della salvezza e degli aiuti esterni, Bene arriva a compiere il suo dovere, autodistruggendosi.Opera decadentistica con inclinazioni verdiane, carica di ironia e autoironia, farneticante furore barocco, uno sregolato umorismo irridente ora divertente ora allarmante.
Tratto da un suo antiromanzo (1966), è il 1° dei 7 film realizzati da Bene nel periodo 1968-73. Interventi vocali di Ruggero Ruggeri (“Il trionfo di Bacco e Arianna”), Arnoldo Foà (“Il lamento” di Lorca), Indro Montanelli (dichiarazioni sul Generale della Rovere).
Una delle tante figure interpretate da Carmelo Bene nel film. Qui assume il ruolo di un essere soprannaturale, quasi filosofo, che teorizza la sua visione della vita… Nostra Signora dei Turchi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Hommelette for Hamlet”, operetta dell’Amleto diretta e interpretata da Bene. Anche questa versione dell’Amleto, come quella filmica (1972) e televisiva (1974), sono una una specie di mélange delle rispettive opere di William Shakespeare e Jules Laforgue. Il riferimento comunque è alla IV edizione (1987). Hommelette for Hamlet

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Amleto (da Shakespeare a Laforgue)”, film del 1974 diretto e interpretato da Bene, ed è una versione televisiva, riveduta e aggiornata, derivata da quella cinematografica di “Un Amleto di meno” (1972).
La trama del film è simile e si rifà a quella di “Un Amleto di meno”, ma molte sono le differenze, e sono talmente importanti che fanno di questa nuova versione televisiva un’opera a sé stante. Il film è in uno splendido bianco e nero, cosa tutt’altro che secondaria per un autore come Carmelo Bene, che disdegna l’immagine, l’effettistica e tutti gli altri orpelli ornamentali fini a sé stessi. Amleto (da Shakespeare a Laforgue

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Otello o la deficienza della donna” (1979), spettacolo teatrale (riedito nel 1985), diretto e interpretato da Carmelo Bene, tratto da Shakespeare. Otello, il Moro di Venezia, è stato nominato Capitano delle Guardie del Doge. Il perfido Jago, per attentare alla sua salute psichica e manovrarselo come vuole, fa credere ad Otello che un giovane soldato stia facendo la corte a Desdemona, moglie del moro, la quale è perfettamente estranea ad ogni desiderio di tradimento. Otello però si fa ingannare dai trucchi di Jago ed uccide la donna, senza che questa faccia nulla per ribellarsi. Otello o la deficienza della donna

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Macbeth” è uno spettacolo teatrale del 1983, riedito nel 1996, diretto, curato e interpretato da Carmelo Bene, tratto da William Shakespeare. Il Macbeth del 1982-1983, spiega l'”autore «segna la fine della scrittura scenica e spalanca l’avvento della macchina attoriale, sollecitato dall’esperienza elettronica ereditata dalla fase cinematografica e maturata nell’avventura concertistica del poema sinfonico (s)drammatizzato». «Macbeth è l’eroe annientato dal suo stesso progetto». Macbeth

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Pinocchio”, opera teatrale di Carmelo Bene andata in scena per la prima volta nel 1961 al Teatro Laboratorio di Roma. Ha avuto altre repliche teatrali nel 1966, 1981 e 1998, una versione adattata per la televisione nel 1999, tre edizioni radiofoniche e una discografica.
«L’essermi come Pinocchio rifiutato alla crescita è se si vuole la chiave del mio smarrimento gettata in mare una volta per tutte. L’essermi alla fine liberato anche di me». Pinocchio

 

 

 

 

Nel 1970, per caso, Carmelo incontrò il poeta Eugenio Montale (1896-1981) alla stazione di Milano mentre saliva su un treno e fece il viaggio con lui. Parlarono animatamente per tutto il tragitto: «invitai Montale a trascorrere le ormai prossime vacanze estive nella mia villa a Forte dei marmi».
A quell’epoca Montale aveva 74 anni ed era arrivato solo. Per tre bellissime estati lo scrittore genovese trascorse le sue vacanze in casa di Carmelo. Raccontava della sua infanzia alle Cinque Terre e delle piccole barche in legno chiamate Fulmine, Ardita e Saetta sulle quali aveva remato da bambino.

email gnocchi - foto -

 

«Siamo, quel che ci manca. Da per sempre».

«V’è una nostalgia delle cose che non ebbero mai un cominciamento».

«La voce dell’opera si è fermata con la Callas, una perfezionista, nel senso che perfezionava i suoi difetti, come tutti i geni. Trovare e cestinare. Di questo si tratta».

«Il talento fa quello che vuole, il genio fa quello che può. Del genio ho sempre avuto la mancanza di talento».
«La felicità è nel differirla, non nell’averla. Nell’averla c’è la noia di averla avuta».

«Voglio vivere zoppo se tu mi vuoi, ma di tutte e due le gambe, perché con una gamba sola posso volar da sol».

«Le Donne le trovi puttane e le lasci un secondo dopo madri e – negli intervalli dell’accanimento matrigno – irreversibilmente depresse, toccate dall’angoscia inconoscibile».

«Il mio epitaffio potrebbe essere quel passaggio di Sade: mi ostino a vivere perché «Anche da morto io continui a essere la causa di un disordine qualsiasi».