PICO RAMA

Pico Rama, portrait by Origa, pen&ink, ecoline, convas 50×70, 2014.

Graziano Origa conversa col calmo Pico Ruggeri, in arte Pico Rama, figlio di Enrico Ruggeri e Laura Ferrato (separati nel 1994). Salta, corre e poi si ferma. Dissente, protesta, propone con volto caraibico carismatico. Fulminato in principio dal RasTafarianesimo, per volare poi verso tutte le culture e colture dello spirito offerte da questo pianeta. Non è un gangsta come Eminem o Notorius – carico di talismani salutari – ma nel suo cuore ci sono Salvador Dalì, Alejandro Jodorowsky, Carl Gustav Jung, Gurdjeff. Ama l’amore e tutte le luci dell’universo. 24 anni, single, occhi scintillanti, di nero vestito con cilindro, come il Dottor Jekill di Stevenson. Forse. Ma potrebbe cambiare quando raggiungerà l’androginia spirituale. Creativo mutante nel Sacro e nel Pornografico, un gelato natural vivente. Viaggia e ha viaggiato in tutti i continenti, esclusi l’Oceania e l’Antartide. Canta in benerrimo. Ama i pazzi e i pervertiti. Gli manca tutto quello che farà.

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GRAZIANO ORIGA: Mmmh… Quando sogni, Pico, cosa sogni, di essere il Re di Bombay?
PICO RAMA: Sei acuto Graziano. Sin da bambino ho una potente pulsione dittatoriale, ma ancora non è giunto il momento di manifestarla pienamente.
GRAZIANO: Pensa, io non ho mai fumato uno spinello, neanche per aprirmi la mente, come dicono. Io la mente la apro con un foglio, un pennino e una birra turca…
PICO:  Ritengo che alcune piante, frutto del sesso sfrenato tra Padre Sole e Madre Terra, possano essere di grande aiuto nel nostro processo evolutivo, se canalizzate correttamente. Ma ciascuno sceglie le sue Vie e inquadra i suoi bisogni. Castaneda chiede a Don Juan: “È necessario assumere piante psicotrope per diventare un Uomo Di Potere?” Don Juan risponde: “No. È necessario per te, perché sei stupido”.
GRAZIANO: Io non ho mai sentito un disco di Fabri Fibra e neanche degli Articolo 31. Forse dovrei dirlo a un prete…
PICO: Per redimerti puoi ascoltare gli Uochi Toki, Dargen D’Amico, Caparezza, i Two Fingerz, i Sangue Misto, gli Smania Uagliuns… e soprattutto Pico Rama. Un’Ave Maria comunque non guasta mai, se nessuno te l’ha imposta.
GRAZIANO: Di tuo padre, mio amico da sempre fin dai nostri inizi nei Settanta – si faceva la rivista “Punk Artist”, si faceva il settimanale “Adamo” – conosco e canto tutti i pezzi; tu hai fatto due album – “La danza della realtà” – con 13 brani – e “Il secchio e il mare” – 10 brani. Raccontameli in qualche modo…
PICO: Che meraviglia! So che hai fatto cose pazzesche. Il punk ha avuto un ruolo fondamentale in una delle mie prime illuminazioni distruttive…
Il mio primo disco è di fatto una raccolta di scritti adolescenziali: non lo rinnego, ma da quando sono Rama mi sento più centrato nei miei propositi. “Il secchio e il mare” corrisponde ad una pulsione forte, quella di riconoscere l’inconscio come un alleato: molti pezzi sono liberi come Joyce, puri flussi di coscienza; tutti quanti trattano, ciascuno a suo modo, di evoluzione spirituale. Ho incastrato i vari brani attraverso lo specchio della dialettica numerologica del Tarocco di Marsiglia. Nel booklet è possibile contemplare le splendide illustrazioni simboliche di Emila Sirakova, colei che m’ha ritratto per la copertina. Le produzioni musicali, a cui ho lavorato personalmente insieme al magnifico Marco Zangirolami, sono elettronica variegata e raffinata, progressive ma non troppo. Tutti i pezzi contengono messaggi subliminali.

LA DANZA DELLA REALTÀ (Album 2011)

Papa su Facebook
La notte bianca
Lividi all’alba
Radical chic
Insegnami l’amore
L’Odissea di Alvise (canto primo)
L’Odissea di Alvise (canto secondo)
Babele
Più in alto
La terza età
Memento
Giangi in tuta di nylon
Omega
la danza della realtà

GRAZIANO:  Il primo dei 13 pezzi, “Papa su Facebook”, il primo singolo della vita tua… Con una mia amica abbiamo anche riso vedendo nel video le tre suore che entrano nel web a caccia di pecorelle smarrite…
PICO: È l’unico video a cui non ho lavorato personalmente – se non come attore e buffone sacro – ma ne sono ben soddisfatto. Penso che quella canzone, per quanto immatura come tutti i pezzi del mio primo disco, fosse oltremodo profetica: ai tempi era assurdo pensare all’attività di Joseph Ratzinger sui social network, oggi Bergoglio e il suo ufficio stampa usano Twitter molto meglio di me.
GRAZIANO:  “La notte bianca”, “Lividi all’alba”, “Radical chic”…
PICO: Interessante che tu abbia associato questi brani: in tutti e tre manifesto un moto giudicante; fortunatamente ogni giorno che passa imparo ad accantonare quel lato di me che tende a valutare i comportamenti degli altri esseri umani. “Lividi all’alba” è quello che preferisco, sanamente reggae e parzialmente mistico: però invece che “la coscienza che ti manca” avrei dovuto dire: “la coscienza che MI manca”. “La notte bianca” si può riassumere senza peccato in “cocainomani di merda”: anch’esso oggi l’avrei scritto diversamente, ma “mi giustifico” confessandoti che sono cresciuto tra i demoni. “Radical chic” è tutta nel titolo.
GRAZIANO:  “Insegnami l’amore” è una lezione arcana sul calore dell’alito mattutino? Il videoclip è in odor di inquisizione…
PICO: È il primo video che ho sceneggiato io, in seguito al proficuo incontro con la saggezza tecnica di Headwood Studio! Bello pregno di simboli. Nella canzone imploro che la lezione arcana di cui parli venga condotta al mio cospetto. Solo recentemente ho scoperto di avere un cuore!
GRAZIANO:  “L’odissea di Alvise” è diviso in due canti…
PICO: In gergo, uno storytelling! Fossi stato più furbo, fosse stata più corta, sarebbe stata sicuramente un singolo. Narra in modalità grottesche le vicende di un giovane campagnolo attirato dalla realtà metropolitana… Nasconde il mio profondo atavico amore per la natura e la ruralità.
GRAZIANO: Ah, Pico, adoro i titoli delle tue messe cantate “Babele”, “Più in alto”, “La terza età”, “Memento”, “Omega”…
PICO: “Babele” ed “Omega” sono poco più che skit, intermezzi. Anch’io ne amo i titoli… “La terza età” è una delle primissime canzoni che ho scritto, a 15 anni: bizzarro, considerato che tratta di anzianità. Manifesta anche il potere che riconosco nel metodo surrealista. “Più in alto” e “Memento”, anche se corrispondono agli inizi del mio interesse esoterico, sono poco più che masturbazioni intellettuali, divagazioni filosofiche (soprattutto la prima). Francamente predicavo bene ma razzolavo malissimo. Abbasso la filosofia, viva la vita!
GRAZIANO:  “Giangi in tuta di nylon” è un tuo omaggio a Luca Mangoni, Elio e le Storie Tese e cos’altro…?
PICO: Che grande onore ci ha accordato Mangoni comparendo nel videoclip con l’originale tutina di SuperGiovane! Ho scritto questo pezzo con le defunte “Situazioni Kafkiane”, all’insegna della demenzialità. La triste storia di un supereroe alcolizzato.

IL SECCHIO E IL MARE (Album 2013)

Cani bionici (Technotitlan)
Alla corte del pazzo
Manitù
L’amaca
Modo nuovo
Thor e Fatima
Il secchio e il mare
Rosa quantica
Dopo il patto rise
Libero caotico

il secchio e il mare

GRAZIANO: Amico mio, ora son curioso di parlar del tuo secondo album, uscito lo scorso, anno, ” Il secchio e il mare”, dieci liriche alla corte dei cani bionici di Thor e Fatima dopo il loro patto di libero caotico… Il video seppiato di Andrea Sanna (ma è sardo?) è formidabile, olimpionico, e tu Pico, sei bello erotico quando appari come un re bardato e con l’idea della voglia di sangue. Povera ragazza, ma l’hai uccisa davvero o era un pugnale di un cartone animato?
PICO: Il pugnale era ed è più vero di me, lo tengo davanti al televisore, viene dal Messico e sembra usato, odora di sacrificio, proprio come la spada del mio zio Edgardo che ha combattuto in Abissinia. Sono riuscito a fermarmi appena in tempo, a un millimetro dal plesso solare della fanciulla (Irene Uki), nonostante il transfert stanislavskijano. E il glorioso Sanna – che è il regista insieme a me di quasi tutti i miei video – è orgogliosamente originario dell’ultraisola. Vanno menzionati anche gli Equal Design, i pazzi che hanno lavorato alla postproduzione con clamorosi risultati.
GRAZIANO: “Cani bionici” si nomina anche “Technotitlan”, e ieri sera sono andato nel mio letto a castello senza sapere il perché, così ho preso un cartaceo e scorrendo le righe credo di aver scoperto tutto. Dovevo saperlo già prima che Tenochtitlan fu la capitale dell’impero azteco nell’isola di Texcoco. Così è finita che oggi si chiama Mexico City e chissà se i 10milioni di persone che ci sono sopra e sotto sanno che stanno mettendo i piedi su un lago ormai prosciugato. Texcoco ho sempre creduto che fosse un albo speciale profumato di un Tex Willer che mi sono perduto…
PICO: Vista la quantità di albi pubblicati mi pare più che plausibile che esista uno speciale con quel nome!
GRAZIANO: Un pezzo esoterico sulle simbologie, tipo l’aquila che becca un serpente. Il pezzo che hai scritto con Dargen D’Amico è su qualcosa di crudele che c’era un tempo e che ora è violento uguale. Un tempo erano gradini e teste rotolanti ora sono cani bionici davanti…
PICO: È quasi tutto ciò che volevo dire: il pezzo tratta le ciclicità che si manifestano nell’evoluzione umana. Da Tenochtitlan a Technotitlan. Le teste continuano a rotolare sui gradini, metaforicamente e non.
GRAZIANO: Sai Pico, a me il brano arriva come un senso che gli uomini devono farsi da parte, poverini, tutti illusi e stregati da venditori d’ampolle di rimedi, filtri di bellezza, pacchi di fregature banali. E tu dici: «Voliamo sulla Luna, voleremo sulle stelle, ma lo faremo con un chip sottopelle che dica se siamo malati, arrapati, contenti o mutilati, concreti o ammutinati». Voglio anche io un chip nel mio cranio…
PICO: Considero valide tutte le interpretazioni, sempre, in tutti i casi. Però l’accenno ai chip sottopelle lo considero un tratto distopico della canzone. Temo accadrà davvero, e se accadrà davvero diverrò un terrorista vero.
GRAZIANO: Dargen D’Amico – che credo sia un tuo amico – chiude il pezzo e conferma che i visi pallidi portano distruzione coi loro trucchi squallidi. E non ci sarà speranza in futuro, tutto rimarrà nell’eterno sbaglio: «Siamo solo una macchia nel cosmo scambiata per arte». Beh, non lo so, ma forse io che non esisto vorrei essere un cane bionico che dorme su un divano. In fondo è la perversione a cui aspiro. Però anche questa è menzogna e mi dico vergogna…
PICO: Dire amico forse sarebbe troppo, di sicuro sono un D’Amico. Me l’ha presentato l’ultra Marco Zangirolami. Sono un suo grande fan, ai limiti dell’analità. Ma non rispondo della meravigliosa strofa che mi ha concesso! Personalmente ho tanta paura di ciò che potrebbe accadere in futuro, ma rimango profondamente ottimista per quanto concerne il destino dell’umanità! Rudolf Steiner ha detto che dal 2050 verranno tempi più sereni; spero di essere una parte fondante di questa trasformazione. Anche se temo che tali tempi possano essere il seguito di un olocausto nucleare…
GRAZIANO: “Manitù” è ormai uno dei miei pezzi giornalieri da sentire e guardare. E tu finalmente tu, Mani Tù, Pico selvaggio metropolitano, carino, che sfreccia con lo skate libero sguinzagliato tra le corsie doppie di camion e marciapiedi della città mistica di Belzebù, a nord dell’inferno…
PICO: Grazie di cuore! Nel video skateo, canto ritualmente e pratico il Koden Enshin Ryu. Devo ringraziare sensei Mari Sugisaki, senpai Davide Nuzzi e tutto il mio dojo! Poi c’è Sara Peverelli che interpreta magistralmente una santa da baccanale e ci sono Dotcha e Paolo Cerruto che se la stambureggiano come pochi. Paolo Cerruto te lo segnalo – che non si sa mai – come glorioso fautore delle rassegne di Tempi DiVersi, poesia di strada vera e tosta.
GRAZIANO: Nel testo di “Manitù” ci sono quasi tutte le parole che ti somigliano: roccia, vento, goccia, fuoco, torcia, foglia, gloria, boria, angelo, mostro, santo, demone, rampicante traviante e… Tutto il resto è noia.
PICO: Parole che incarnano il Mondo che conosciamo, e noi siamo il Mondo, anch’io dunque. “Sia tu timorato o timoroso sei Manitù”. Sei Dio.
GRAZIANO: “Thor e Fatima”, a nord del nord, nel testo e nelle figure, girato interamente alle isole Fær Øer (Faroe). Quindi eri in un arcipelago tra Scozia, Norvegia e Islanda, penso, dai, forza, parlami, Cristo…
PICO: Che bomba le Fær Øer. Ho visto gnomi, folletti, fantasmi vichinghi, nebbie metafisiche…
GRAZIANO: Racconti una leggenda d’amore, malinconica, capricciosa, collerica, attese e tormenti nelle terre dei templi e degli igloo…
PICO: Tratto l’immaginaria relazione tra il noto dio del tuono della mitologia nordica e la quarta figlia di Maometto: invoco la pace dei popoli, manifestando il mio approccio sincretista allo studio delle culture religiose.
GRAZIANO: Hai fatto tu la regia… Immagini. Documento. Ci puoi spegnere una lacrima perfetta. Con tutti i rumori della pace; vorrei vivere in una di quelle casette di legno nero con l’erba sui tetti, prigioniero del vento e dei gabbiani, con caproni infernali e galline, davvero… Potresti comprarmene una? Ma col Pico nei Picchi…
PICO: Andiamoci, ultra Graziano, è davvero un posto surreale, nel senso di Superiore alla realtà.
GRAZIANO: Ho visto che la gente di quel posto è di bionda bellezza fisica rara…
PICO: Però a dirtela tutta non ho beccato un cazzo. Sono troppe poche.
GRAZIANO: “Il secchio e il mare” – che è anche il titolo dell’album – l’ho trovato crudo e mortale eppur con la delicata animazione in stop motion…
PICO: È uno dei pezzi più deliranti, reca al suo interno variegate fasi di pensiero… Il mare è un buon simbolo dell’inconscio collettivo; il secchio rappresenta la fase della “creazione”, in cui di fatto ci limitiamo a pescare dall’infinito bagaglio dell’interiorità cosmica. La canzone tratta anche il rapporto tra le mie subpersonalità attraverso una sorta di metafora piratesca.
GRAZIANO: Raccontami qualcosa degli altri pezzi, “Alla corte del pazzo”, “L’amaca”, “Modo nuovo”, “Rosa quantica”, “Dopo il patto rise”, “Libero caotico”…
PICO: “Alla corte del pazzo” è il mio preferito: è il primo che ho scritto, e contiene il manifesto di questo disco, trattando la destrutturazione degli schemi attraverso l’irrazionalità. “L’amaca”, che ho composto con la Seppiah gloriosa, parla di pigrizia e di viaggio; “Modo nuovo” è nel titolo. “Rosa quantica” è un featuring con Danti dei Two Fingerz, anche lui l’ho conosciuto grazie a Zangi: preferisco non spiegare questo pezzo, diciamo che parla di vagina. (Una curiosità: il ritornello mi è uscito dagli accordi di DeLord, caro pianistamico.) “Dopo il patto rise” è la cronaca di una crisi alchemica, “Libero caotico” è un puro flusso di coscienza.
GRAZIANO:  Infin, Pico-issimo, viene fuori che, ragazzo-ragazzo un cazzo, scrivi mooolto bene; ti allarghi sempre ma stai sempre nel pezzo. Sarai sempre il dio santo del dispetto o fra dieci anni chi sarai?
PICO: Grazie Graziano!  Conto di superare il dispetto – parte della mia natura sensazionalista – trasformandolo definitivamente in buffoneria sacra. Conto – soprattutto – di sviluppare la capacità di canalizzare un’Arte terapeutica. Mi piacerebbe cimentarmi in tante forme creative, come la cinematografia e il fumetto. Conto di crescere sempre in tutte le direzioni contemporaneamente, perchè preferisco non reincarnarmi.

 

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