NEW YORK (2) CENTENNIAL

Focusn81986

 

 

 

"Focus" n. 8, juny 1986, monthly founded by Graziano Origa (cover photo by Giulio Viggi).

EDIZIONE STRAORDINARIA. NEW YORK CENTENNIAL: New York, 1626-1886-1986. Manhattan 100 anni. Graziano e il Joe non si vogliono perdere i fuochi d'artificio degli irochesi.

NEW YORK: se non ci vivi da alien almeno una volta, non vedrai (mai) neanche i ghiacciai su Marte. No. NEW YORK: l’unico posto al mondo dove il trash è un benessere invece di un malessere. No. NEW YORK: la città dove puoi ancora andare sulle TRACCE di qualcuno. Sì. Con uno schizzo (minimale) d'itinerario al giorno – trenta itinerari in trenta giorni – finalmente saprai di persone che credevi di conoscere fin-troppo-bene. Giovanni da Verrazzano e il suo Bridge, Peter Minuit che compra Manhattan, Henry Hudson e il suo river, Peter Stuyvesant il (duro) governatore olandese, Lord Cornbury primo governatore ad indossare abiti femminili, il pesce fresco di Robert Fulton, Harry Houdini sospeso in una delle doppie arcate del Brooklyn (sopra il quale muore paralizzato il suo visionario costruttore tedesco John A Roebling). E poi William ‘Boss’ Tweed primo grande truffatore, John D Rockefeller ed il suo Center, i sindaci Fiorello La Guardia (1933) e Rudolph W Giuliani (1995), i politici Mario & Andrew Cuomo, il poeta Dylan Thomas che beve alla W H Tavern. E in fin dei conti, vieni a conoscere (i particolari) dei quattro anni trascorsi a Staten Island da Giuseppe Garibaldi, fino alle TRACCE di sangue (vero o tatuato) (tuttorosso) del beatle John Lennon sui gradini del Dakota Building. E poi ancora – se immagini di essere nella simulazione (vera/finta) scoprire dove cammina l’attrice Sarah Bernhardt la domenica presto verso le otto. Dove Edgar Allan Poe scrive i suoi racconti ‘ambientati a Londra’ e Henry James il suo Bostoniani. TRACCE pure di Washington Irving proprio nel momento in cui conia il nome Gotham e di James Fenimore Cooper che prende appunti. TRACCE di Duke Ellington all’Harlem’s Cotton Club, fino agli edifici del Lower East Side dove lavorano i pittori Kline e Pollock. E una giornata – dall’alba al tramonto – dedicarla (e darla) all’intimo e profumato Greenwich Village, seduti al San Remo Café a leggere Beat Generation con le 'deesse' Ginsberg, Burroughs, Kerouac, o (nell’ora di pausa), incollare il culo su una panchina trucida di Union Square, da dove puoi fissare la terza finestra dello studio di Andy Warhol dove, se hai occhi per vedere, puoi farcela a notare persino una parrucca danneggiata (forse d'oro, forse d'argento) rimasta lì, appesa. Poi-poi, mangiare qualcosa da Delmonico (100 anni prima di Sbarro), dove Mark Twain festeggia i compleanni con la stessa civetteria di una graziosa ragazza. Nel primo pomeriggio, una birra alla spina al Pfaff’s, impaginato in una viuzza di Washington Square dove Walt Whitman incontra solitamente Herman Melville. E la sera di decadi dopo, nell’itinerario (cruising/via crucis) di Christopher Street, ecco il bar Badlands di Robert Maplethorpe, una sagoma nuda (abusiva sempre) di Keith Haring sulla porta del Gay Theatre, una poesia di J M Basquiat, raschiata 'orange' con le unghie su un tronco (dimenticato) in un molo (dimenticato) dell’Hudson River (che ricorda invece benissimo di arrossire al tramonto, sulle TRACCE della stessa (sua) discrezione della prima volta. E, tornando a casa, dopo aver preso del buon tabacco virginiano al Village Cigars all'angolo della 7th Avenue, Scorsese e De Niro (senza averne seguito le TRACCE) salgono con te, piccoli come te, nel subway, verso i loro studi cinematografici di Tribeca


 

 

GRAZIANO ORIGA: Sono contento di essermi portato tutti questi libri dall’Italia (Perduti in America, L’Isola delle Colline, Ultima Fermata a Brooklyn, Chiamalo Sonno) e di aver comprato a Soho Lost New York, The Tunnel, Old Bowery Days.
JOE ZATTERE: Questa è la dodicesima volta che veniamo a New York; ci abbiamo vissuto due anni quando c’era sindaco Ed Koch, un’altra volta per sei mesi, altre per tre. Una mappa era sufficiente, come sempre…
GRAZIANO: La mia idea, questa volta, è credere di non esserci mai-mai venuti. Così, questa diventa la nostra prima volta. Mi scoccia perfino che nessuno ci abbia tolto i pidocchi o diagnosticato la tisi a Ellis Island, quando siamo arrivati, e che il nostri nomi – giù a Battery Park – non siano stati modificati in "Grazioso DeRiga" e "Joe Parente". Voglio dimenticare perfino i "peepshows" in 42, e di sicuro i "sexshops" diventati Disney Stores…
JOE: …Neanche una discoteca? Ad esempio quel Limelight dove siamo già stati con Patricia Fields e Ru Paul?…La chiesa sconsacrata…
GRAZIANO: …Hello Joe, come ti fai afferrare facilmente dalle luci! Per questo Centennial di New York City, celebriamo tornarnando indietro, indietro…
JOE: Yes, fino agli indiani! In pratica sei suggestionato dall’ultimo libro di Mario Maffi che stai leggendo…
GRAZIANO: Domani sera vedremo David Mazzucchelli, copertinista di The New Yorker, e quindi per tutta la giornata me ne starò a letto a ridurre i punti di conversazione e relativi incastri di layout. Ma oggi, in questa splendida giornata autunnale ("Indian Summer"), voglio proprio scoprire dove ‘finisce’ New York, in pratica dove è ‘iniziata’, all’estremità nord di Manhattan.
JOE: Insomma, oggi non barchetta in Central Park, ma itinerario verso Inwood Hill Park. Lasciami dieci minuti di consultazione mappe e ti ci porto. (9 minuti dopo): Prendiamo la A della metro qui in Chelsea e scendiamo a capolinea, nella 207th Street, e ci ritroveremo, dopo trenta minuti, nella baia di NY, dove l’Harlem River e l’East River si fondono. O almeno spero che lo facciano anche oggi.
GRAZIANO: Bene, siamo nel 1626 e stiamo per andare sotto il turchese Hudson River Bridge dove, fra un’oretta, il governatore di Nieuw Amsterdam Peter Minuit comprerà Manhattan per sessanta fiorini di vetrini dagli algonchini, e ci saranno probabilmente i pellerossa  Weckquaesgeck, i Reckgawawang, i Wappinger e, se ho ragione, perfino qualche Manate Metoac 

JOE: E se non c'è neanche un bisnonno irochese?…
GRAZIANO: …Se non ci sarà neanche un bisnonno irochese, noi, seriamente, educatamente ma assolutamente, veniamo via. E andiamo al Limelight.

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UP IMAGE CREDITS:
Graziano Origa, Limelight disco, New York, 1986 (photo by Joe Zattere)

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