TINTO BRASS

Tintobrassbyoriga  TINTO BRASS. Anarchico contro il sistema. Si chiama Tinto perché suo nonno –  pittore veneziano – lo  chiamava Tintoretto. Sua moglie si chiama Tinta.
È stato assistente di Joris Ivens e di Roberto Rossellini. Nel 1963 il
suo primo film: “Chi lavora è perduto”. Con Alberto Sordi, un anno dopo
gira “Il disco volante”. Poi film sottili ed eversivi come “Dropout”,
“La vacanza”, “L’urlo”. Graziano incontra Tinto in Roma nel 1982.
Una retrospettiva sul cinema di Brass: è l’ultima idea di Vittorio Sgarbi, new sindaco di Salemi. 

TINTO BRASS: Dicono che io faccia film hard-core… Io
preferisco definirli film di Art-core. Nell’Art-core rientra anche il
gusto della dissacrazione. Carmelo Bene ha fatto varie volte Pinocchio, ecco, se dovessi farlo anch’io lo chiamerei Phinocchio.

GRAZIANO: Ho visto il tuo Action, con Luc Merenda, Adriana Asti e Alberto Lupo. Era un film molto punk. Era un film di Punk-core…
TINTO: Action
ha ricevuto un’accoglienza pessima da parte dei critici. Ma d’altronde
l’ho fatto per dis-piacere non per piacere, con la tipica estetica
punk. Niente a che vedere con Salon Kitty.

GRAZIANO: Ti devi essere divertito molto a fare Action...
TINTO: Infatti. Avevo una piccola troupe, girato in 16 mm, presa diretta, copione di una ventina di pagine.
GRAZIANO:
Quando Alberto Lupo, paralitico e su una sedia a rotelle, fa all’amore
con Adriana Asti, quante persone hai fatto rimanere sul set?

TINTO: Sei, sette persone.                                                                                                             GRAZIANO: Chi sono i personaggi ideali di un film Art-core…                       TINTO:
Una ragazza molto giovane, sedici anni, una donna matura sui
quarant’anni. Sono due personaggi che mi servono per il mio prossimo
film che inizierò fra poco e che si chiama Fanny Hill, tratto
dall’omonimo romanzo libertino del Settecento. In Inghilterra è uno di
quei libri che si continua a stampare ancora oggi. Appena il libro uscì
fu sequestrato e l’autore imprigionato. Il giudice dell’epoca, 1753
circa, lo condannò – per far sì che lui non scrivesse – a percepire
dallo Stato un’appannaggio annuo di cento sterline; lui aveva 40 anni e
visse fino a ottanta con una pensione invidiabile. Spero di fare la
stessa fine anch’io.

GRAZIANO: Lo Stato dovrebbe pagarti per non girare più film?                       TINTO: Tieni presente che l’autore di Fanny Hill continuò a scrivere sotto altro nome.
GRAZIANO: Chi è il «vecchio» più porno del cinema.
TINTO:
Sir Lawrence Oliver. E anzi conto di proporgli una parte; dovrebbe
morire col cazzo in erezione e quindi c’è il problema di mettere il
coperchio alla bara.

GRAZIANO: Assegneresti una parte anche a Jane Fonda?                                   TINTO:
Certo. Io propongo tutto a tutti, poi se reagiscono male peggio per
loro. Comunque preferisco gli attori inglesi a quelli americani.

GRAZIANO: Chi hai scelto per fare Fanny Hill?
TINTO:
Sto cercando, ho delle idee, ho dei candidati, degli amori, ma ancora
non ho deciso. Non è indispensabile che sia un nome famoso, ma non deve
essere una modella e basta.

GRAZIANO: Ami i registi italiani?
TINTO:
Mi riesce più facile amare gli americani che gli italiani. Invidio
certi registi italiani che hanno più fortuna di me, perché io sono un
genere scomodo, e bada non è che sono scomodo perché mi piace essere
scomodo. Sono scomodo per natura e temperamento. Poi però per
temperamento sono anche un edonista, mi piace godere della vita, quindi
detesto le conseguenze della mia scomodità, le frustrazioni, i limiti.
A me piacerebbe continuare ad essere scomodo ma avere tutti i vantaggi
dei registi comodi.

GRAZIANO: Caligola sono riuscito a vederlo due volte – a Roma – poi l’hanno sequestrato.
TINTO: Sono stato ad Amsterdam ed era sù, a Londra è ancora in prima, a Lugano fanno la fila, a Parigi non ci sono stato.

Origabrass

IMAGE CREDITS:
Tinto Brass,
portrait by Origa, pen&ink + ecoline, 1986,  framed for Nòva100, 2008 

Tinto Brass con Graziano Origa, photo by Joe Zattere, Rome 1982